Lo scioglimento anticipato dei Comuni per Mafia. Un cancro che attanaglia il Paese.

A cura di Giuseppe Ventesimo.

Dottore Magistrale in Relazioni Internazionali e Studi Europei.

L’infiltrazione della malavita e della criminalità organizzata nell’attività politica è un fenomeno che ha inquinato e inquina ancora il Paese, attanagliando l’attività e la gestione della macchina amministrativa e dato il contesto storico che l’Italia stava vivendo, si è arrivato nel 1991 a disciplinare lo scioglimento dei Comuni per infiltrazioni mafiose, sia in maniera diretta sia in maniera indiretta nell’attività amministrativa e politica dell’ente locale. Infatti ciò rappresenta una delle maggiori cause ricorrenti dello scioglimento anticipato dei Comuni. Negli ultimi trenta anni sono stati emanati nel complesso 631 decreti di scioglimento, dei quali 252 di proroga di precedenti provvedimenti.

Il riferimento normativo che disciplina tale fattispecie è l’art.141 e l’art.143 del d.lgs. 267/2000, noto come TUEL (Testo Unico degli Enti Locali), modificato successivamente con la l. 94 /2009 e con il d.l. 113/2018. L’art. 141 del TUEL asserisce che lo scioglimento del Consiglio Comunale è disposto con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’Interno. Tale decreto è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale e comunicato immediatamente al Parlamento.

Con il decreto di scioglimento si provvede alla nomina di una commissione straordinaria. L’art. 143 del TUEL pone il focus e l’accento sullo scioglimento dei Comuni per infiltrazione mafiosa, recitando che i consigli comunali sono sciolti quando emergono, a seguito di accertamenti, concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare. Si tratta di una misura di prevenzione straordinaria, che si applica quando esiste il reale pericolo che l’attività di un Comune sia piegata agli interessi dei clan mafiosi. Al fine di accertare il condizionamento della criminalità organizzata sull’ente locale, il Ministro degli Interni nomina un’apposita commissione di indagine prefettizia. La Commissione svolge un approfondito esame dell’attività amministrativa. Successivamente il Prefetto trasmette le conclusioni di questo lavoro del comitato provinciale per l’ordine pubblico e poi al Ministro dell’Interno, il quale decide se archiviare oppure sottoporre la proposta di scioglimento al Consiglio dei Ministri che delibera nel merito.

Il decreto di scioglimento del Capo dello Stato, con allegati la relazione del prefetto e del ministro, precisa la composizione della commissione straordinaria di tre membri, a cui affidare la gestione dell’ente per un periodo massimo di 18 mesi, successivamente prorogabili a 24 mesi, al termine del quale si svolgono nuove elezioni. La relazione del prefetto è inviata anche all’autorità giudiziaria ai fini dell’eventuale applicazione delle misure di prevenzione. Contro il decreto di scioglimento è possibile presentare ricorso prima al Tar e poi al Consiglio di Stato in ultima istanza, in quanto si tratta di un provvedimento di natura amministrativa.

La lettura e l’interpretazione delle relazioni prefettizie, parti integranti delle proposte di scioglimento avanzate dal Ministro dell’Interno, pongono in evidenza alcuni tratti ricorrenti dove la soglia di attenzione e di monitoraggio deve restare alta e attenta. Un tratto è il sostegno elettorale. Infatti in tutte le relazioni analizzate emerge il coinvolgimento a vario titolo dei clan mafiosi nelle campagne elettorali: un’attenzione finalizzata ad ottenere o consolidare i rapporti con le future Amministrazioni nell’ottica di assicurarsi vantaggi di natura economica. Per esempio si annoverano episodi di intimidazioni ai danni di altri candidati, liste sottoscritte anche da soggetti contigue alle organizzazioni mafiose, situazioni in cui la richiesta di sostegno a membri dei clan proviene direttamente da alcuni candidati.

Un altro elemento e punto importante che emerge dalle relazioni sono gli appalti. In tutti i casi di scioglimento analizzati emerge una carenza sul piano dei controlli e delle verifiche antimafia a cui ogni Amministrazione è tenuta. La subordinazione dell’interesse pubblico agli interessi delle cosche nel settore degli appalti si realizza con molteplici attività, tra cui: la violazione del principio di rotazione tra aziende; l’artificioso frazionamento dei bandi di gara e il cd. “sotto-soglia”; l’utilizzo di prestanome e la ricerca di società formalmente pulite; l’assenza di programmazione e il ricorso frequente ad affidamenti diretti; la generale mancanza di trasparenza e la pubblicazione tardiva, incompleta o per un lasso di tempo molto breve dei bandi pubblici sul sito del Comune.

Dalla lettura dei dati analizzati emerge, innanzitutto, che il settore edilizio-urbanistico si conferma come il più attenzionato dagli interessi mafiosi. Seguono il settore dei tributi (spesso nelle relazioni si accerta la morosità degli stessi amministratori locali, oltre che degli esponenti dei clan), il servizio di igiene urbana, e quello relativo a concessioni demaniali/spiagge.

La quasi totalità degli enti locali commissariati è concentrata nelle quattro Regioni di insediamento storico della criminalità organizzata: Calabria, Sicilia, Puglia e Campania, anche se lo scioglimento del consiglio comunale di Saint Pierre, disposto nel 2020, conferma la crescita del trend, registratasi negli ultimi anni, nei comuni del Nord Italia, che ora salgono complessivamente a nove. Qui cresce la presenza della criminalità organizzata attirata dalla possibilità di ampliare il proprio volume di affari, sfruttando, grazie alla penetrazione nell’economia legale, le condizioni economiche più vantaggiose, in special modo, nel settore degli appalti pubblici e dell’urbanistica.

La Relazione del Ministero dell’Interno evidenzia come le Commissioni abbiano indirizzato le loro attività principalmente alla riorganizzazione dell’apparato burocratico, al miglioramento dei servizi offerti alla cittadinanza e alla trasparenza dell’azione amministrativa. Particolare attenzione è stata rivolta ai settori degli appalti pubblici, dell’urbanistica, dell’edilizia pubblica e privata per prevenire illeciti e abusi, ma anche per consentire l’utilizzo pubblico o per finalità sociali dei beni confiscati o sequestrati alla criminalità organizzata.

Come ben si può notare, è un grave problema ed emergenza per la politica e l’amministrazione italiana e bisogna agire sin da subito per superare questa patologia. Occorre una maggiore vigilanza e un maggior controllo in ogni singola azione politica ed amministrativa. È necessario educare la cittadinanza alla legalità e alla trasparenza, a partire dalle scuole, dalle reti civiche e dalla società civile. Il Comune deve garantirla, in quanto istituzione ente prossimo ai cittadini, accentuando il dialogo con i cittadini.

Rialziamo la testa!