La valutazione della gravità dell’inadempimento nella clausola risolutiva espressa e limiti del controllo da parte del magistrato. Mutamenti di prospettiva giurisprudenziali

Scopo del presente studio è verificare se realmente a fronte di una clausola risolutiva espressa risulti preclusa ogni valutazione circa le caratteristiche dell’inadempimento oppure residuino margini per siffatta valutazione, che assorbirebbe la necessità di riferirsi all’abuso del diritto o, meglio, all’abuso del potere risolutivo.

L’affermazione secondo cui in presenza di una clausola risolutiva espressa sarebbe preclusa qualunque indagine sulla gravità dell’inadempimento, dovendo il giudice limitarsi a constatare la mancata attuazione del programma contrattuale ed in conformità alla clausola contrattuale dichiarare la risoluzione del contratto, risponde all’opinione consolidatasi nella giurisprudenza più recente; la stessa precedentemente ammetteva il controllo di gravità dell’inadempimento anche nel caso in cui le parti avessero previsto una clausola risolutiva espressa (le risalenti Cass., 29 luglio 1942, n. 2267, Cass., 19 aprile 1945, n. 289, Cass., 28 maggio 1953, n. 1586), e successivamente escludeva che l’art. 1455 c.c. fosse applicabile nel caso di risoluzione esercitata in forza di detta clausola (Ex multis Cass., 5 gennaio 2005, n. 167, Cass., 14 luglio 2000, n. 9356, Cass., 26 novembre 1994, n. 10102, Trib. Salerno 31 ottobre 2008, Trib. Bologna, 14 marzo 1989, Cass., 16 maggio 1997, n. 4369, Cass., 20 dicembre 2012, n. 23624, Cass., 17 ottobre 1995, n. 10815, Cass., 28 gennaio 1993, n. 1029) – trend registrabile invero anche in dottrina, laddove, a fronte dell’orientamento che reputava applicabile il requisito della importanza dell’inadempimento anche in presenza di una clausola risolutiva espressa, più di recente ha aderito a quello secondo cui, in detta ipotesi, andrebbe esclusa la valutazione sulla gravità dell’inadempimento.

Il mutamento di prospettiva si collega all’esigenza di garantire il rispetto dell’autonomia privata di cui la clausola risolutiva è espressione, in quanto il suo fondamento volontaristico risulterebbe frustrato ammettendo un controllo giudiziale sulla gravità dell’adempimento che deve ritenersi insito nella clausola e che quindi le parti hanno già formalizzato nel prevedere il potere di risolvere unilateralmente il contratto in presenza di un determinato inadempimento.

In altri termini, si è rilevato che per il tramite della clausola risolutiva espressa le parti avrebbero già preventivamente valutato l’importanza di un determinato inadempimento, attribuendo allo
stesso una gravità tale da farvi conseguire il potere unilaterale di risolvere il contratto, con conseguente esclusione di ogni tipo di indagine da parte del giudice circa l’incidenza dell’inadempimento sul programma negoziale divisato dai contraenti.
Sennonché non possono non rilevarsi le criticità connesse alla rigorosa esclusione di ogni controllo sull’esercizio del potere risolutivo attribuito in forza di una clausola risolutiva espressa, in quanto il creditore si vedrebbe riconosciuta la possibilità di utilizzare pretestuosamente il rimedio risolutivo.

Va dunque rimeditata l’opportunità di escludere in termini assoluti un controllo giudiziale sull’inadempimento in caso di clausola risolutiva espressa, individuando ovviamente limiti e modalità di detto controllo che siano quanto più possibile rispettose dell’autonomia privata di cui la clausola risolutiva è espressione.

Ad entrambi gli interrogativi sembra possibile offrire risposta valutando, da un lato, le caratteristiche del giudizio di gravità dell’inadempimento e, dall’altro, la struttura ed il contenuto della clausola risolutiva espressa.
Nel giudizio di gravità dell’inadempimento va valutata l’incidenza dell’inadempimento in concreto verificatosi sull’economia complessiva dell’atto e l’importanza della prestazione per la parte non inadempiente (c.d. interesse della parte adempiente), che giunge ad escludere rilevanza dell’inadempimento di modesto rilievo nell’economia del contratto.

Tale giudizio non può in termini assoluti essere precluso per avere le parti previsto una clausola risolutiva, dovendosi valorizzare il contenuto della clausola che si compone di una parte essenziale, costituita dall’individuazione dell’inadempimento rilevante, e di una parte eventuale, vale a dire la misura di detto inadempimento, che in quanto eventuale potrebbe mancare, con la conseguenza che le parti non avrebbero, per il tramite della clausola risolutiva espressa, esaurito il giudizio di gravità dell’inadempimento di cui all’art. 1455 c.c.

In tale valutazione deve riconoscersi un ruolo determinante alla clausola generale di buona fede, dovendosi intendere questa quale obbligo di ciascuna parte di salvaguardare l’utilità dell’altra nei limiti in cui ciò non importi un apprezzabile sacrificio a suo carico.

La considerazione unitaria dei due richiamati profili, vale a dire la struttura del giudizio di gravità dell’inadempimento ed il contenuto della clausola risolutiva espressa, conduce a non escludere in termini assoluti la valutazione del giudice ex art. 1455 c.c., dovendosi ritenere che, qualora tramite la clausola risolutiva le parti abbiano coperto l’intero giudizio di gravità dell’inadempimento, al giudice sarebbe preclusa, fatto salvo il giudizio sulla validità della clausola e quello sull’imputabilità dell’inadempimento, ogni valutazione ulteriore che lo sostituisca alle parti; mentre nel caso in cui le parti si siano limitate ad individuare un dato inadempimento, senza delineare anche la misura di questo, il giudice ben potrebbe compiere detta valutazione, avendo le parti limitato la loro scelta ad una parte soltanto del giudizio di gravità dell’inadempimento.

In tal senso, Tribunale di Bari, 14 dicembre 2021 II sez. Civ. Giudice Attolino